venerdì 28 giugno 2024

Lectio su Gn 1,3-5

Quante volte vi è capitato di aver visto un bel paesaggio durante una gita, o affacciandovi dalla vostra finestra di casa, e vi è venuta la voglia di prendere album, matita e colori e di volerlo riprodurre?
O quante volte avete raccontato ad un amico un sogno o un fatto accadutovi?
In breve: avete ricreato, col disegno e con le parole, una realtà vista e vissuta.
È la magia del segno e delle parole.
Dio ha fatto lo stesso: vuole partecipare Se stesso, l'immenso Amore che è la Sua essenza (lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque Gn. 1,2) e descrive con le parole le creature che ancora non esistono e a cui Egli stesso darà vita perché possano ricevere il Suo dono.
Il libro della Genesi, infatti, inizia con queste parole:
Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno. (Gn 1,3-5)
E Giovanni inizia il suo Vangelo così:
Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. (Gv 1, 1-4)
Anche noi, perciò, ogni volta che parliamo, facciamo come Dio.
Questo ci fa capire quanto siano importanti le parole e quanto sia importante fare attenzione a cosa diciamo e a come lo diciamo.
E noi, non siamo forse in grado di capire chi abbiamo davanti dal modo in cui parla e si muove? Esiste una vera e propria scienza che è in grado di insegnarci a scoprire chi è il nostro interlocutore da questi segni.
E la psicologia ci aiuta a scoprire gli aspetti nascosti di noi proprio analizzando le nostre parole, il nostro modo di muoverci e interagire.
In sintesi: ciò che siamo dentro traspare sempre da come lo trasmettiamo, fuori, agli altri.
Allora, se vogliamo creare attorno a noi un mondo d'amore, pace, solidarietà, dobbiamo cominciare con l'esprimerlo, materializzarlo con le nostre parole e i nostri gesti.
Ciò non vuol dire che se sono arrabbiato non debba manifestarlo: gridare o dire pacatamente il disagio che ho dentro aiuta a portarne un po' fuori, a condividerne il peso con gli altri.
Se ho pace e amore dentro di me sarò capace di renderli visibili col mio parlare e il mio comportamento. E se attorno a me gli altri riescono a percepire un mondo di pace e amore, a loro volta ne trarranno beneficio e ne trasmetteranno a me.
Costruire dentro e fuori di noi un mondo diverso, pacificato, è un cammino lungo e difficile; ma non impossibile.
Cominciare coll'usare le giuste parole e dirle con il giusto tono è un buon primo passo. Impariamo a disegnare nel nostro ambiente gli scorci di serenità e beatitudine che vediamo o sogniamo nel nostro spirito.
È un modo per essere, insieme a Dio, creatori di un nuovo mondo.

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