venerdì 2 luglio 2021

Lettera a Demetrio n. 3

C. Monet, I gladioli (1873)
Caro Demetrio, anche qui da noi è scoppiato il caldo.
Finalmente! diranno alcuni.
Che sciagura! dico io.
Odio il caldo, il sudore, i moscerini che ti si appiccicano addosso d'estate...
Ma mi rendo conto che nell'economia della terra e della sua sopravvivenza c'è bisogno anche dell'estate.
O meglio: l'estate è il segno della sua pienezza, della sua maturità prima dell'autunno e poi del riposo invernale.
Siamo parte di questo mondo; la terra, come l'universo, ci è stata donata e dobbiamo viverci in modo simbiotico.
Hai presente gli afidi e le formiche?
Gli afidi si nutrono succhiando la linfa dalle piante e producono una sostanza zuccherina di cui le formiche sono molto ghiotte.
Bene: per preservarsi questo prezioso cibo le formiche proteggono le uova degli afidi quando le trovano in giro!
Com'è perfetta la natura! E quante cose ci insegna!
E ogni volta che ci allontaniamo dalla sua saggezza, facciamo solo danni.
Come sono istruttive la sua armonia e la sua tenacia, col suo continuo ripetersi delle stagioni!
Ogni seme, ogni bulbo, sanno quando è il momento di sbocciare, fiorire, e quando è il momento di perdere ogni cosa (ogni foglia, ogni fiore, ogni frutto) e fermarsi, addormentarsi nascosti sotto terra in attesa del nuovo momento favorevole per esplodere in tutta la loro bellezza e bontà. Un gladiolo non si sognerebbe mai di fiorire a Natale, perché sa' che non troverebbe la temperatura e l'ambiente adatti, e così aspetta l'odore e il tepore della primavera per donarci i suoi colori e profumi.
Chi è che suggerisce al gladiolo di avere pazienza e attendere? Forse una macchina? Un supercomputer? No! È la sua natura, una vita insita in ogni cosa, anche nei fiori.
E questa natura, questa vita ci vengono da Dio, che tutto ha preordinato per il meglio, perché noi uomini possiamo goderne e imparare allo stesso tempo.
"Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo." * ha detto Dio per bocca dell'antico sapiente.
E noi? Noi sappiamo quand'è il momento giusto per fare o non fare ogni cosa? Per dire o tacere?
Non ci facciamo forse prendere dall'alterigia di metterci al centro della scena del mondo, pensando che la nostra presenza sia indispensabile, che senza di noi le cose si fermino, si inceppino?
E quando poi ci rendiamo conto che non è così, che la vita continua... anche senza di noi (come canta la canzone), ormai è tardi, il nostro corpo non ha più il vigore degli anni primaverili.
E non possiamo aspettare un'altra primavera.
Perché a noi, a differenza del gladiolo che ogni anno rinasce, non è stato dato di avere una seconda vita.
È cattiveria da parte di Dio?
Non so, non sono Dio.
Penso però che noi abbiamo dentro la forza e la capacità di vivere in pochi anni (cosa sono anche 100 anni davanti all'eternità?) tutta la pienezza dell'esistenza, di raggiungere il massimo di ciò che la vita ci può dare.
E se non impariamo a stare a questo mondo, a vivere in simbiosi con esso, diventiamo inutili a noi stessi e agli altri.
Perché nessuno di noi sa o può decidere quanto vivrà (e per fortuna! aggiungo io). Ma dovremmo sapere che ogni giorno, ogni momento passati a guardare noi stessi invecchiare, è un tempo vuoto, un'occasione persa. È come un cibo di cui andiamo ghiotti ma che continuiamo a guardare nel piatto senza avere la volontà di afferrarlo e mangiarlo.
Perché, come dice il filosofo**, il valorer della vita non sta nella sua lunghezza ma nell'uso che se ne fa.
Mi rendo conto, carissimo, che oggi ho scritto più del solito e non vorrei averti stancato con le mie banalità insulse. Ma ho capito che spesso anche le cose più ovvie ci sfuggono.
Perciò ora ti saluto. Abbraccia per me Odette e statemi bene!  
 
 
 
* Ecclesiaste 3,1
** Seneca, Lettera a Lucilio  

sabato 22 maggio 2021

Lettera a Demetrio n. 2

C. Monet, La Grenouillère
Carissimo Demetrio, la giornata uggiosa spinge a rimanere a casa, così ho pensato di
scriverti.
Non ch'io ti voglia scrivere solo perché il tempo non ispira una passeggiata rigenerante tra i boschi! Lungi da me questo pensiero! HO solo deciso di anticipare una lettera che avevo in mente da un po'.
Ci pensavo proprio l'altra sera, mentre leggevo un testo che ti cito a memoria (quindi prendilo un po' con le molle... ):
"Felici quelli che sono arrivati davanti all'ignoranza infinita".
Non ricordo di chi sia questa frase, forse di qualche saggio dei tempi passati. Ma d'altra parte la saggezza non ha età, non appartiene ad una sola gente o ad un solo tempo, perché è di tutta l'umanità e Dio, o chi per Lui, l'ha dispensata sin dai tempi antichi.
E soprattuto i saggi arrivano sempre al momento giusto, come le fontane d'acqua fresca sono messe sempre lì dove il viandante ne ha più bisogno.
Eppure non basta che ci sia la fontana: c'è bisogno che il viandante abbia sete e sappia che prima o poi ci sarà una fontana; e la cerchi.
Allo stesso modo non basta che ci siano uomini che possiedono e dispansano sapienza: c'è bisogno che ci sia anche chi si renda conto di aver bisogno della sapienza e che sappia dove poterla trovare; e che la cerchi.
Ogni giorno sorge il sole per tutti e su tutti, caro Demetrio, ma non tutti comprendono il grande dono di un nuovo giorno.
Ecco perché non basta la sapienza, come non basta la fontana e non basta il sole.
Ci vuole la coscienza di averne bisogno. Questo è per me il primo passo sulla strada della vita.
A me pare che all'uomo mio contemporaneo sia stato insegnato (da cattivi maestri!) che si basta a sé stessi. E, sempre a me pare, che l'uomo contemporaneo da bravo agnellino (pasquale... ) abbia imparato, purtroppo, che tutto finisce ad un palmo dal suo naso e ogni cosa, le domande come le risposte, non hanno il respiro del domani, dell'oltre.
E qui volevo collegarmi alla frase con cui sono partito (ricordi? "Felici quelli che sono arrivati davanti all'ignoranza infinita"), ma mi rendo conto che ti ho annoiato già abbastanza per oggi.
Riprenderò il discorso, se vorrai, la prossima volta.
Un caro saluto a te e Odette!
 

giovedì 20 maggio 2021

Lettera a Demetrio n. 1

G. Segantini: La Stanga.
Ti scrivo, carissimo Demetrio, per farti sapere che sto bene.
Bene per quanto possa stare un uomo arrivato alla mia età, con gli acciacchi della mia età, le idiosincrasie e le malattie, a volte immaginarie, della mia età.
Ringrazio Dio di avermi conservato fino ad oggi così come sono, specie per avermi conservato tutti i sensi come si deve; sensi sia figuratamente che materialmente.
Ci sento ancora abbastanza bene da poter ascoltare la mia musica preferita e anche il canto degli uccelli, il rumore del mare e il fischio del vento tra gli alberi. Ci vedo tanto da poter ammirare le nuvole aureolare le montagne innevate. Ho il gusto per poter godere dei prodotti che la terra ci dona e l'odorato per sentirne il profumo. E posso ancora accarezzarli per sentire col tatto la loro perfezione esteriore.
E riseco ancora a godere della semplicità di tutte queste cose, perché è questa semplicità che dovrebbe sempre riempire la nostra vita: è solo l'essenza non più divisibile delle cose che ci aiuta e trovare la nostra semplice unicità.
Ma soprattutto ringrazio Dio per avermi conservato il senso della vita e per la vita.
Avrei voluto, Demetrio, raccontarti le cose che ho imparato da questa vita. Ma più ci penso e più mi convinco che aveva ragione quel vecchio profeta: per quanto ci sforziamo di trovare qualcosa di nuovo sotto il sole, tutto ciò che si vede è già stato visto; tutto ciò che si pensa è già stato pensato; tutto ciò che si fa è già stato fatto.
Si passa un'intera vita a cercare di capire qualcosa di ciò che ci accade, di intuire una cosa nuova, di credere di aver trovato il bandolo della matassa d'ogni cosa, il segreto stesso della vita, forse. E poi basta aprire un qualsiasi libro e ti accorgi che qualcuno l'aveva già capito, scoperto, scritto secoli prima di te.
E allora, umilmente, ti metti a leggere e ascolti da quei libri le risposte a tutte le tue domande. Anche a quelle che ancora non ti sei fatto.
E a volte ti rendi conto che pensieri che avevi in testa da tempo ma per cui non riuscivi a trovare le parole giuste per esprimerle, sono lì, sul foglio che hai davanti, dette in modo semplice e chiaro, come tu non avresti saputo dire. Per questo i libri sono sempre amici: perché ti danno le parole per dire chi sei e cosa pensi.
E ora saluta Odette da parte mia. Spero di poter venire presto a godere della vostra presenza e dei suoi manicaretti.
 
Un abbraccio affettuoso.

Lettera a Demetrio n. 3

C. Monet, I gladioli (1873) Caro Demetrio, anche qui da noi è scoppiato il caldo. Finalmente! diranno alcuni. Che sciagura! dico io. Odio il...