domenica 23 giugno 2024

Lectio divina su Matteo 11,28

"Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo"
.
(Mt 11, 28)

Oggi tutti sono sempre euforici, è quasi un obbligo essere felici, ce lo impone persino la pubblicità. Ma se ci fermiamo a riflettere col cuore, persino il più positivo e ottimista degli uomini si renderà conto che c'è sempre in noi un angolino buio, dove il peso della vita ha scaricato tutte le sue scorie. Lì il nostro ego non entra volentieri, ha paura di dover fare i conti con una realtà che si presenta deformata, che non vuole riconoscere. Ma c'è qualcuno che apre volentieri quella porta (Ap 3,20): è Gesù, colui che ci rivolge queste parole: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò".
Venite a me!” Chi può andare a Gesù? Tutti, nessuno escluso. Anzi: ogni cosa creata, ogni essere senziente. Perché come scrive Giovanni: “Tutto quello che il Padre mi dà, verrà a me e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori.” (6,37)
Chi sono gli affaticati e gli oppressi? Matteo adombra in queste parole la prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.” (Mt 5,3)
‘Poveri in spirito’ sono coloro che riconoscono di essere schiacciati dal peso del proprio allontanamento da Dio, e sanno che non basta neanche il più grande sforzo mai messo in atto da un uomo per aver salva la propria anima, per tornare al trono dell’Altissimo (Salmo 113,5). Possiamo tradurre infatti ‘affaticati e oppressi’ con ‘stanchi e carichi’.
‘Poveri in spirito’ sono colore che sanno qual è il posto di Dio nella vita e qual è quello dell’uomo.
Qual è il ristoro promesso da Gesù? È il riposo da questo sforzo continuo di volere, con le nostre azioni, ritrovare quell’unione rotta dal nostro passato fatto di fughe davanti al Signore nella credenza, sbagliata, che egli ci giudichi senza tener conto che siamo uomini, fragili, fallibili.
Gesù, in cui Dio ha preso carne per farsi più vicini a noi, per parlare la nostra stessa lingua, ci prende per mano ed entra con noi in quell'angolo oscuro, nascosto, e nel momento in cui veniamo a contatto con lui sentiamo un vento fresco accarezzare la nostra anima e vediamo un fuoco caldo bruciare quello che finora ci ha affaticato e oppresso.
Nulla chiede Gesù in cambio, se non che prendiamo il suo giogo che è dolce (Mt 11,30), il giogo dei suoi comandamenti. È lì che troveremo gioia: “Gioirò nei tuoi comandamenti, perché li amo.” (Sal 118/119,47).
Il Signore ha già perdonato una volta per tutte, sulla Croce, ogni nostro peccato, ogni nostro allontanamento; adesso tocca farlo a noi.
Gesù, confido in te, aiutami a perdonare ciò che rimane in me del mio passato.

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