La nostra idea di “essere consolati” da Gesù è quella di fluttuare in una specie di mare in cui il dolore e la sofferenza (fisica, spirituale, psicologica) che la vita ci provoca sia come ovattata, che non si senta troppo, che non faccia troppo male. È come chiudere una finestra e lasciare fuori il male che ci circonda.
Paolo, l’apostolo, ci dice che non è così. Questa non è vita cristiana, ma un semplice adagiarsi in una situazione di comodo in attesa che tutto passi. Perché, prima o poi, tutto passa; la stessa saggezza popolare (che è nata spesso da una forse anche distorta comprensione della fede) dice che il tempo lenisce le ferite.
Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, afferma, invece, che la “consolazione” (il cui termine greco si traduce con “chiamare a fianco”) è un atteggiamento attivo, positivo e propositivo.
“Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà.” ci fa cantare il salmo (Sal 46,1).
L’essere consolati da Gesù significa sentirlo al nostro fianco combattere con noi contro ciò che ci fa star male.
“L'Eterno cammina egli stesso davanti a te; egli sarà con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non perderti d'animo” ricorda il quinto libro della Bibbia. (Dt 31,8)
Come starà Dio con noi? Ce lo dice Gesù, quando ci annuncia l’invio dello Spirito Santo, che chiama egli “il Consolatore”
“Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi per sempre.” (Gv 14,16)
E ancora. “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.” (Gv 14,26)
Paolo dice: quando noi subiamo tribolazioni dalla vita, è proprio per avere la possibilità di sentire il Signore al nostro fianco anche in queste situazioni. Quando siamo colpiti dalle sofferenze di qualsiasi tipo, è (anche) per sperimentare la vicinanza di Gesù che, anche e molto di più di ogni persona che ci ama veramente, non sparisce nel momento del bisogno.
E Gesù è vicino a noi attraverso lo Spirito Santo: “è utile per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore.” (Gv 16,7)
Ma non è solo questo. Dice Paolo che la consolazione è un atteggiamento attivo, perché ci sprona a stare noi stessi vicino agli altri quando questi sono nella sofferenza. Se siamo consolati da Gesù abbiamo un solo modo di ringraziarlo e dimostrarli l’amore che merita: stando vicino agli altri nella sofferenza. Noi diventiamo così messaggeri dell’amore del Signore, la mano, gli occhi, il cuore di Gesù che ama.
Essere consolati, quindi, non è adagiarsi, ma ricaricarsi della potenza dello Spirito e andare.
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