mercoledì 24 luglio 2024

Lectio divina su Es 3,1-6

"Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di 
Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio."


Dio appare "oltre il deserto", cioè oltre il luogo della purificazione dalle pesantezze spirituali (e fisiche) della quotidianità. Non perché non bisogna vivere la vita di ogni giorno (Mosè attraversa il deserto 'per lavoro') ma perché bisogna servirsene, non servirla.
Mosè ha una motivazione: vuole vedere cosa sta succedendo. Senza una motivazione chiara dentro di noi (di natura psicologica, spirituale, umana) non c’è cammino di alcun tipo; ogni cosa resta sempre allo stesso posto e noi restiamo sempre al punto di partenza. Se vogliamo incontrare Dio, l’Uno, l’Assoluto, fare un’esperienza spirituale, dobbiamo volerlo: Dio non ci impone mai niente, non manipola le nostre coscienza e la nostra anima. Anche perché la strada che ci chiamerrebe a fare è spesso aspra, piena di roveti che non sempre ardono ma spesso restano aridi e secchi, come la nostra anima. Perciò vuole che ci prendiamo le nostre responsabilità.
Solo a quel punto Dio chiama Mosè, che non tentenna, non si pone domande inutili, ma risolutamente (Lc 9,51) risponde: Eccomi! Cioè: sono proprio io e sono qui, davanti a te, pronto ad ascoltare e a prendermi la responsabilità di ciò che vorrai dirmi e farmi fare.
Non ti avvicinare!” urla la voce dalle fiamme. “Togliti i sandali dai piedi, perché questa è terra santa!” Per essere pronto ad ascoltare Dio, Mosè si deve togliere i ‘sandali’. In lingua ebraica il termine ‘sandalo’ significa ‘chiudere, stringere’, quindi il comando di Dio significa: liberati da tutto ciò che ti costringe, ti tiene chiuso, legato alla tua terra, perché la terra che stai calpestando non è la tua terra, ma è la terra di Dio, è terra santa. E la terra di Dio è fatta di altre leggi, di altri modi di camminare; avventurarsi per la terra di Dio non ha niente a che fare col calpestare la terra degli uomini.
Ma chi è questo ‘dio’ che sta parlando a Mosè? Egli stesso si presenta: sono colui che ha guidato i tuoi padri, le generazioni che ti hanno preceduto, da cui tu discendi e di cui stai continuando la storia.
Mosè capisce a questo punto che non è un Dio sconosciuto, ma è una presenza iscritta nel suo DNA, è colui che l’ha fatto essere quello che è.
Egli è Mosè perché c’è stato Qualcuno che gli ha dato un’anima, quella sua propria anima, che l’ha fatto diventare lui e non un altro.
Mosè ha potuto identificarsi come Mosè perché ha un’identità; e quell’incontro con Dio gli mostrerà qual è questa sua identità, finora rimasta nascosta a lui stesso.
E Mosè, cosciente che quell’incontro sta rivelando Dio a lui e quindi lui a sè stesso, non può che velarsi il volto, cioè mettere da parte il Mosè che ha finora conosciuto. E, tremando di una paura umana, attendere che Dio gli parli, gli riveli chi è il vero Mosè, qual è la sua missione in mezzo agli uomini.
Per essere veramente uomini dobbiamo dimenticare il noi stessi che conosciamo, e aspettare che l’Uno, l’Assoluto, si disveli a noi e ci sveli la nostra vera identità.

(Questo post è di soli appunti. Una stesura più chiara abbisogna di maggiore riflessione e possibilmente dell'apporto -gradito- delle vostre riflessioni) 

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